

C’è qualcosa di affascinante nelle storie che ribaltano i luoghi comuni. Come quando si scopre che dietro a un dispositivo percepito come “per anziani” si muove un’intelligenza giovane, curiosa e tecnicamente all’avanguardia. È facile associare certi ambiti, come l’audiologia, a mondi lenti, ingessati, monocordi. Ma la realtà è spesso più dinamica di quanto sembri. E ci sono aziende che hanno scelto l’innovazione come bussola, facendone una forma mentis prima ancora che una leva competitiva. Amplifon è un esempio emblematico. Con 75 anni di storia, una rete capillare che abbraccia 26 Paesi e un’età media della popolazione aziendale inferiore a 38 anni, Amplifon è diventata un caso da manuale di trasformazione industriale: capace di preservare il rigore clinico e, al tempo stesso, reinventare il modo in cui si distribuisce e si vive un dispositivo medico. Una tappa fondamentale di questo percorso risale al 2019, quando l’azienda presieduta da Susan Carol Holland e guidata dal CEO Enrico Vita acquisisce Otohub, una startup napoletana fondata da due giovani ingegneri biomedici. Nata per sviluppare soluzioni digitali nel campo della diagnostica audiologica, Otohub non viene inglobata, ma innestata nella divisione digitale già esistente. Da quell’incontro nasce AmplifonX, la divisione interna che oggi rappresenta il cuore tecnologico e centro di ricerca del gruppo.
A Milano e Napoli, team interdisciplinari di designer, sviluppatori, data scientist e clinici lavorano fianco a fianco per costruire un ecosistema digitale che accompagni la persona lungo tutto il percorso uditivo, dalla diagnosi alla personalizzazione, dalla manutenzione al supporto remoto. Un laboratorio permanente che supera i confini del centro di ricerca tradizionale, dove hardware e software si fondono con l’ascolto e l’empatia.
Uno dei segni più tangibili di questa trasformazione prende forma in un oggetto rivoluzionario: OtoPad, il primo audiometro al mondo basato su tecnologia iPad. Interamente progettato da AmplifonX, è un dispositivo medico certificato – riconosciuto anche dalla FDA americana – pensato per ridefinire l’esperienza del test uditivo. Con OtoPad oggi il test è diventato semplice quanto usare un paio di cuffie calibrate e un iPad. Dietro un’interfaccia essenziale si muove un sistema ad alta precisione, data-driven e user-centered, in grado di eseguire ogni tipo di test avanzato e integrarsi nei flussi operativi del centro audiologico. Il risultato è una diagnostica più rapida – fino al 60% di tempo in meno – e più profonda, grazie all’elaborazione algoritmica dei dati.
Dalla stessa matrice progettuale – essenziale, mobile e data-driven – nasce OtoKiosk, evoluzione naturale di OtoPad e nuova frontiera della prevenzione audiologica diffusa. Una postazione compatta e completamente digitalizzata, costruita attorno a un’interfaccia iPad e pensata per operare in autonomia in qualunque contesto. Al centro c’è il test audiometrico tonale liminare (PTA), clinicamente validato, che misura la soglia uditiva per ciascun orecchio attraverso stimoli sonori a frequenze e intensità variabili. In pochi minuti il sistema produce uno screening accurato, pronto per la lettura professionale. Una web app guida l’utente passo dopo passo, con assistenti virtuali adattivi e un design conversazionale che simula la presenza dell’audioprotesista. Ogni dettaglio è pensato per garantire standard elevati anche in contesti extra-clinici, abbattendo le barriere d’accesso alla prevenzione senza compromessi sulla qualità del dato. Democratizzare l’accesso non significa semplificare il protocollo, ma estendere la portata della tecnologia a luoghi e popolazioni finora escluse dai percorsi diagnostici. OtoKiosk è il punto d’incontro tra ingegneria, user experience e impatto sociale. Ogni screening genera dati strutturati, che alimentano modelli predittivi di rischio uditivo, aprendo prospettive nuove nella medicina personalizzata. All’interno di questo sistema si inserisce anche Listen Responsibly, il programma internazionale di Amplifon che promuove la consapevolezza acustica tra le giovani generazioni.
Dopo aver trasformato il modo in cui si rileva, si misura e si comprende l’udito, Amplifon ha abbracciato la rivoluzione dell’intelligenza artificiale anche per i dispositivi acustici. Nel 2025, ha introdotto nel suo portafoglio prodotti una nuova generazione di apparecchi capaci di interpretare l’ambiente sonoro in tempo reale, riconoscere le voci, distinguere i rumori, adattarsi istantaneamente al contesto. Il risultato è un ascolto fluido, naturale, senza sforzo. Basta indossarlo. Tutto accade con discrezione, mentre la tecnologia lavora in sottofondo. Ad affiancare il dispositivo, un’app che consente di personalizzare ogni dettaglio, monitorare l’evoluzione uditiva, restare in contatto con lo specialista.
È lo stesso CEO Enrico Vita, al timone del Gruppo dal 2015, a ribadirne la vocazione innovativa: “Il nostro settore è a elevato contenuto tecnologico. In Amplifon utilizziamo le tecnologie, intelligenza artificiale compresa, in fase di diagnosi, per la gestione dell’agenda degli audioprotesisti, il customer care e tutto quello che è legato alla gestione del cliente. Ma la componente tecnologica è solo una parte di ciò che offriamo ai nostri pazienti: le doti professionali ed empatiche dei nostri specialisti sono cruciali per ottenere un’esperienza e un risultato qualitativamente eccellenti”.
È in questo equilibrio che l’approccio Amplifon trova la sua piena espressione: la tecnologia amplifica, non sostituisce. Al centro resta l’audioprotesista – guida, interprete, alleato – che grazie a strumenti digitali più efficaci può dedicare più tempo alla relazione, ridurre il margine d’errore, offrire soluzioni realmente su misura.
La digitalizzazione, insomma, non è un orizzonte astratto, ma un mezzo per rendere l’esperienza più empatica, più precisa e più umana. In un mondo che cambia alla velocità del suono, riuscire ad ascoltare davvero è già, di per sé, un atto rivoluzionario. E forse, la forma più alta di tecnologia.
A cura di Silvana Crovini