

Questa seconda era spaziale è appena iniziata, scriveva il miliardario Jared Isaacman su X il giorno in cui Donald Trump lo ha candidato come nuovo direttore della Nasa, a dicembre. Da astronauta privato, Isaacman ha pagato circa 200 milioni di dollari per il suo primo viaggio nello spazio nel 2021. La sua visione di viaggi per le masse era molto trendy e sembrava più vicina che mai, prima che Trump ritirasse la sua candidatura il 31 maggio, mettendo la Nasa e l’intero universo su una traiettoria incerta.
Subito dopo la sua rottura con Elon Musk, il presidente ha epurato Isaacman a causa delle sue donazioni ai Democratici, ha detto. Ma si ipotizza che sia stata in realtà una ritorsione per la sua amicizia con il suo ex alleato miliardario. Nel frattempo, Trump ha nominato come amministratore ad interim dell’agenzia il Segretario ai trasporti Sean Duffy, più in linea con la sua agenda America First. E il futuro della scienza e dell’esplorazione lunare sembra a rischio, proprio ora che gli Stati Uniti si preparano a tornare sulla Luna.
Sono ormai lontani i giorni di gloria delle missioni Apollo che portarono Neil Armstrong a mettere piede sul satellite nel 1969 e che successivamente lanciarono nello spazio altri 11 americani, tutti uomini. Ma ora quattro astronauti – Reid Wiseman, Victor Glover, Christina Koch e Jeremy Hansen – si stanno preparando a orbitare intorno alla Luna entro il prossimo aprile, per la missione Artemis II. Chiamata come la mitologica sorella gemella di Apollo, questa nuova missione ha un volto femminile: l’astronauta americana Christina Koch sarà la prima donna a orbitare intorno alla Luna. E se tutto andrà bene, un’altra donna metterà piede sul suolo lunare un anno dopo, nell’aprile 2027, per la missione Artemis III.
Ma nel clima politico anti-woke di Trump, questi aspetti vengono oggi minimizzati dall’equipaggio stesso. È un nome forte, un nome di successo. E ci piace la simbologia della cacciatrice, dice Reid Wiseman, il comandante, indossando la sua tuta spaziale blu, in una rara intervista di gruppo al Johnson Space Center di Houston, in Texas. Ma noi ci concentriamo sulla missione, non sulle persone, sul genere e sulle altre cose che ci dividono, dice il suo compagno di equipaggio, il pilota Victor Glover, che sarà il primo nero a orbitare attorno alla Luna. Nell’attuale contesto politico, concentrarsi su questo sarebbe veleno, secondo il professore emerito John Logsdon, ex direttore dello Space Policy Institute della George Washington University.
Artemis II orbiterà attorno alla Luna, a circa 400mila chilometri di distanza, per 10 giorni. Il lancio sarà in un razzo Space Launch System (SLS) costruito da Boeing e l’equipaggio poi proseguirà a bordo di una navicella spaziale Orion, un’evoluzione del più piccolo Command Module che trasportò Armstrong, Aldrin e Collins nel 1969. La missione è un test per aprire la strada a esplorazioni future, ma ha le sue sfide. Originariamente prevista per il 2024, ha dovuto affrontare ritardi, sforature di budget e incidenti. Il razzo SLS non ha ancora avuto successo e alcuni lo hanno definito una vergogna nazionale e una tragedia. Siamo il primo equipaggio a salire a bordo di Orion. Quindi il nostro compito è semplicemente essere umani in questa navicella, testare tutti i sistemi vitali, dice Christina Koch, ingegnera elettronica che, a 46 anni, detiene il record per il periodo più lungo trascorso ininterrottamente da una donna nello spazio e ha partecipato al primo space walk al femminile. Come esseri umani era scritto nel nostro destino che saremmo andati sulla Luna, dice Koch, che rimane nonostante tutto ottimista. Ma questa volta non ci limiteremo ad andare e tornare a casa. Stavolta ci resteremo.
Artemis II segna anche la più ampia partnership internazionale per una missione lunare. Jeremy Hansen sarà il primo canadese a orbitare attorno alla Luna e l’intero programma è il risultato degli Accordi Artemis del 2020, ora firmati da 55 Paesi, che hanno stabilito principi comuni per una cooperazione spaziale pacifica, sostenibile e trasparente. L’European Service Module (ESM), che fa da centrale elettrica per Orion – fornendo carburante, energia e ossigeno – è realizzato dalla franco-olandese Airbus e dall’Agenzia Spaziale Europea, con componenti prodotte nei Paesi Bassi, integrate in Germania e poi inviate al Kennedy Space Center in Texas per essere assemblate da Lockheed Martin. Una promettente differenza rispetto ad Apollo, programma esclusivamente americano.
Artemis è un lungo atteso ritorno per stabilire una presenza permanente sulla Luna, secondo Courtney Stadd del think tank Beyond Earth Institute di New York. È impossibile negare la nostra rabbia per il fatto che siamo andati sulla Luna, abbiamo inviato un po’ di missioni e siamo tornati indietro. Gli Stati Uniti hanno dichiarato vittoria nella Guerra Fredda contro i Sovietici e poi hanno fatto una rapida ritirata.
Sul perché ci sia voluto così tanto tempo per tornare sulla Luna, gli esperti accusano la mancanza di volontà politica. Questa si traduce in finanziamenti che semplicemente non erano disponibili, secondo John Logsdon. Ora la volontà politica sembra esserci. Trump è un fan della Nasa ed è stato lui ad approvare il programma Artemis nel 2017. Ma nel suo secondo discorso inaugurale, il 20 gennaio scorso, ha annunciato che gli Stati Uniti avrebbero piantato la bandiera a stelle e strisce su Marte. E le sue ambizioni imperialistiche sul Pianeta Rosso potrebbero finire per oscurare la Luna. Andiamo dritti su Marte. La Luna è una distrazione, aveva scritto Musk settimane prima su X. E aveva anche descritto l’architettura di Artemis come estremamente inefficiente.
Da allora l’amministrazione Trump ha proposto grossi tagli, fino al 25 per cento, del bilancio Nasa per il 2026. Il Senato li ha in parte ridimensionati, ma l’amministrazione ha eliminato circa 2.000 impiegati. Nel frattempo Trump e Musk sono ai ferri corti. Dato che Artemis III dovrebbe portare un equipaggio sulla Luna a bordo del gigantesco razzo di SpaceX, Starship, l’intero programma ora sembra a rischio.
Quello che è certo è che Artemis III è un programma costoso. La navicella Orion e lo Space Launch System, un razzo non riutilizzabile dal costo esorbitante, sono già destinati a essere sostituiti dalla Starship di Musk. Quel taglio al budget dimostra che Artemis è un progetto in fin di vita, senza sbocchi, secondo John Logsdon. È troppo caro. Buttare via un razzo da 2 miliardi di dollari a ogni lancio non ha senso quando esistono razzi riutilizzabili. Credo che sia una dimostrazione del fatto che l’approccio degli ultimi dieci anni all’esplorazione della Luna era sbagliato.
La nuova gigantesca Starship di SpaceX, invece, dovrebbe essere riutilizzabile, molto più economica – si prevede tra 10 e 100 milioni di dollari a lancio o meno – e in grado di raggiungere Marte. Ma finora, nei suoi voli di prova, non ha avuto successo. È esplosa di recente e ora, dopo la rottura tra Trump e Musk, SpaceX rischia di perdere i suoi contratti.
Oltre alle diatribe interne, gli Stati Uniti devono tenere d’occhio anche la Cina. La posta in gioco è alta: Pechino ha già una presenza significativa al Polo Sud della Luna e sta costruendo razzi per andare su Marte. Più che la nobile ricerca scientifica, la motivazione alla base delle conquiste nello spazio di Artemis, come fu per Apollo, è quindi politica. Dominio globale, sicurezza nazionale ed economia. Trump considererà la Luna come un bene immobiliare, dice Stadd. E non permetterà alla Cina di arrivarci per prima. Per questo penso che vedremo sia la Luna che Marte tra gli obiettivi del presidente. Non ho dubbi.
Intanto il turismo spaziale è in crescita. Mentre finora sono stati lanciati nello spazio oltre 600 astronauti professionisti, dal 2001 anche oltre 60 turisti hanno volato in orbita. Per usare un’analogia storica, ora siamo nella fase di esplosione dell’aviazione degli anni ’20, l’era del Barnstorming, quando volare era una dimostrazione di coraggio per poche persone che potevano permettersi un aereo, dice Courtney Stadd. Ma quando il costo scenderà, lo Spazio si aprirà improvvisamente a un pubblico più ampio, se non di massa. Crediamo fermamente che l’umanità stabilirà una roccaforte permanente nello Spazio, continua Stadd. Avremo trasporti regolari Terra-Luna, stazioni spaziali, hotel spaziali, persino commercio ed estrazione mineraria, se redditizia. Tra 15 anni potremmo iniziare a vedere comunità di 5mila persone sulla Luna e a gettare le basi per Marte. È inevitabile.
La Luna però è un viaggio di 3 giorni. Inviare un equipaggio in un viaggio di 9 mesi su Marte, a 400 milioni di chilometri di distanza, sembra invece ancora fantascienza. Eppure il fascino dello Spazio profondo resta irresistibile. Per me tutti dovrebbero andarci. Chiunque sia curioso di esplorare è benvenuto nello Spazio. Più siamo, meglio è, dice Christina Koch. Quando arrivi lassù ti rendi conto di essere solo una particella nell’universo e di quanto ancora abbiamo da imparare. È così magico. Vorresti solo che tutti lo vedessero.
A cura di Diana Ferrero