

Anche le case devono respirare. È questo il cambio di paradigma che ha portato l’architettura contemporanea a pensare a edifici che si adattano all’ambiente che occupano, alterandolo il meno possibile. Dalle tende cerimoniali dell’Asia meridionale ai termitai africani, passando per le torri del vento persiane e i cortili ombreggiati del Maghreb, la sostenibilità edilizia guarda oggi a due grandi maestri: la natura e le tradizioni locali.
Costruire non è un gesto neutro. Secondo un rapporto pubblicato nel 2023 dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), i materiali come cemento, acciaio e alluminio sono responsabili di circa il 9% delle emissioni globali di anidride carbonica. L’intero settore dell’edilizia provoca circa il 37% delle emissioni energetiche mondiali. A incidere sono anche le scelte urbanistiche. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), nell’ultimo rapporto scientifico, propone un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: non solo costruire meglio, ma anche costruire meno. È il concetto di “sufficienza”, che implica evitare nuove costruzioni inutili, riutilizzare edifici già esistenti, favorire abitazioni condivise e multifamiliari e adattare la dimensione della casa alle reali esigenze. Queste strategie potrebbero ridurre fino al 17% delle emissioni legate agli edifici, spesso con costi inferiori rispetto a tecnologie avanzate e impianti complessi.
Molti pensano che abitare in una casa sostenibile sia un lusso. E in parte è vero: realizzare una casa “green” da zero può essere costoso. Ma se si guarda alle soluzioni tradizionali e naturali, il quadro cambia. La terra cruda, ad esempio, è disponibile quasi ovunque e ha ottime proprietà termiche. Il bambù cresce in fretta, è flessibile e molto resistente. Il legno, se proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, è tra i materiali più ecologici.
Il rapporto dell’Unep insiste su questo punto: spostare la domanda verso materiali locali e a basso impatto è una delle strategie più efficaci per ridurre le emissioni del settore edilizio. Lo dimostrano i progetti pluripremiati di Diébédo Francis Kéré, architetto originario del Burkina Faso, che si ispira alla struttura interna dei termitai, capaci di mantenere condizioni stabili in climi estremi. Le tecniche tradizionali sono spesso le più efficaci nel mitigare l’impatto climatico. È il caso dei riad marocchini, con i loro cortili interni ventilati, delle torri del vento iraniane, che catturano l’aria fresca e la convogliano all’interno, o ancora dei tetti verdi nordeuropei e delle persiane in legno mediterranee.
Con l’aumento delle ondate di calore, progettare edifici in grado di rinfrescare senza consumare energia diventa una priorità, non solo per l’ambiente, ma anche per la salute. «Le azioni di mitigazione nel settore edilizio», afferma l’Ipcc, «migliorano la qualità dell’aria interna, riducono lo stress finanziario e contribuiscono al benessere sociale». Il rapporto sottolinea che «la ventilazione naturale, i tetti verdi, le pareti bianche e gli spazi condivisi rinfrescati sono un modo utile per proteggersi durante i picchi climatici». «Ben progettate e implementate», spiega il documento dell’Ipcc, «le azioni nel settore edilizio possono contribuire a 15 dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite». Perché abitare bene il mondo è il primo passo per non distruggerlo.
A cura di Gennaro Tortorelli