L’esplorazione del limite estremo

«Love you, till the moon and back». È il modo con cui gli americani usano dirsi che si amano all’infinito, arrivando fino alla Luna e tornando indietro. L’uomo ha bisogno di proiettarsi Altrove per raccontarsi in maniera completa, immaginare un nuovo sé. E quella Luna che cinquantasei anni fa ha visto il primo astronauta farle visita – e che oggi ritorna negli obiettivi di esplorazione spaziale anche dell’agguerrita Cina – forse non basta più. L’Altrove è nello Spazio profondo, nella straordinaria volontà di voler portare l’uomo a colonizzare, ad esempio, anche quel Marte che tormenta e agita i sogni dell’onnipresente Elon Musk.

Con l’ingresso dei capitali privati, a proposito di Musk – che con la sua SpaceX è stato il primo privato a fare affari spaziali con la Nasa – si è assistito alla progressiva apertura di un settore storicamente ermetico. E si sono intravisti i livelli di interconnessione attivi, delineando scenari in cui le Nazioni costruiscono alleanze, stabiliscono fiducia e negoziano capacità strategiche.

L’Italia è stata fra i 10 Paesi fondatori dell’Esa – che quest’anno festeggia i suoi primi 50 anni – con una grande intuizione originale: dopo lo sbarco sulla Luna da parte della Nasa diventava necessario far parte di quel processo, e di quel progresso, che oggi permette al nostro Paese di vantare una delle filiere spaziali industriali più complete al mondo. In quest’ottica ogni satellite lanciato, missione condivisa o accordo di cooperazione diviene un messaggio tecnologico che segna il posizionamento strategico nello scacchiere spaziale internazionale.

Intanto, l’asse del confronto spaziale si è spostato nel tempo. L’America regge nella sua posizione dominante anche se sono cambiati gli interlocutori. Ora a fare “la voce grossa” nella corsa allo Spazio è la Cina, che ha sostituito sullo scacchiere una stanca Russia, più impegnata sui fronti bellici terrestri che proiettata verso le nuove dinamiche della diplomazia spaziale. La China Manned Space Agency (Cmsa), l’agenzia spaziale cinese, ha indicato le due principali direttrici strategiche per il prossimo futuro: piena operatività della stazione spaziale Tiangong – “Palazzo Celeste” – già in orbita dal 2022 a circa 450 chilometri dalla Terra, progettata per accogliere stabilmente tre astronauti – i cosiddetti taikonauti, da tai kong che significa Spazio. L’altra grande ambizione è quella di raggiungere la Luna entro il 2030. Il programma lunare cinese si sta rapidamente consolidando e gli astronauti del Paese del Dragone sono già sottoposti a un intenso programma di addestramento per preparare il primo allunaggio con equipaggio. Questi due obiettivi – Tiangong da un lato, la Luna dall’altro – rappresentano il cuore della strategia spaziale cinese, che mira a consolidare la propria presenza nello Spazio come potenza tecnologica globale di primo piano.

Ma l’Italia non sta a guardare, con la sua strategia di sviluppo che ha come fulcro un tessuto industriale unico. Sono circa 220 le imprese italiane – dalle multinazionali globali alle PMI – e 11 i distretti operativi per la produzione di satelliti, lanciatori, avionica e sistemi digitali nei vari hub nazionali. La “Space Smart Factory” è l’esempio concreto di come la filiera si sia organizzata – grazie ai fondi Pnrr Spazio – per dare forma a uno dei simboli di questa trasformazione: una fabbrica 4.0 che integra produzione avanzata e innovazione tecnologica, dislocata su stabilimenti in tutta Italia, dallo Spacepark di Argotec a Torino alla sede romana sita presso il Tecnopolo Tiburtino, a opera di Thales Alenia Space, fino alle due sedi firmate Sitael, a Pisa e a Mola di Bari, dove si produrranno i primi minisatelliti completamente alimentati con motori elettrici.

Sul fronte europeo, l’appuntamento da non mancare è quello della prossima Ministeriale Esa, la cui periodicità varia: ogni due o tre anni. La conferenza che vede riuniti tutti gli Stati membri Esa (Cm25) si svolgerà a Brema il 26 e 27 novembre, e sarà l’occasione per approfondire i temi della ricerca e gli ambiti di destinazione degli investimenti per i prossimi anni. La Ministeriale del 2022 si era svolta a Parigi e aveva rappresentato il primo atto ufficiale del nuovo governo italiano – insediatosi nell’ottobre di quell’anno – in ambito spaziale.

L’Italia si era confermata terzo Paese contributore all’Agenzia, con circa 2,3 miliardi di euro pari al 18 per cento del totale di tutti i contributor, preceduta solo – e di poco – dalla Francia e dalla Germania. E chissà che Adolfo Urso, ministro delle Imprese con delega allo Spazio, dopo aver portato a casa il successo della prima legge italiana – prima anche in Europa – del settore, non voglia provare a segnare un distacco anche in campo internazionale.

L’ambizione che noi possiamo solo intuire si traduce però in impegni concreti: ad esempio la candidatura italiana alla Presidenza del Cm25 e la volontà dichiarata di sostenere programmi opzionali mirati proprio al settore aerospaziale.

A cura di Mariapia Ebreo