Il campus che pensa in digitale

Quando si arriva all’estremo margine ovest di Milano, là dove la città cede il passo alle sue propaggini più recenti, si ha la sensazione di trovarsi su una soglia temporale. Una frontiera incerta, sospesa tra il passato industriale e un futuro ancora da scrivere. Fu qui che, dieci anni fa, le Frecce Tricolori tagliarono il cielo e inaugurarono Expo Milano 2015. Una vetrina globale, certo, ma anche un dispositivo urbano capace di alterare la percezione dello spazio e imprimere nuove narrazioni metropolitane.

Nei sei mesi dell’Esposizione Universale, oltre 21 milioni di visitatori attraversarono quel reticolo simbolico di Cardo e Decumano, attratti da padiglioni scintillanti e promesse planetarie. Il tema, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, oscillava tra ambizione geopolitica e marketing internazionale. C’erano file interminabili, dibattiti sul greenwashing, ottimismo istituzionale e proteste in piazza. Ma Milano, in quel frangente, seppe trasformarsi. L’area nord-ovest uscì dall’ombra e da allora i riflettori non si sono più spenti. I padiglioni, oggi scomparsi o riassorbiti altrove, disegnarono una scacchiera destinata a rimanere impressa nella topografia milanese come una promessa parzialmente mantenuta. Ma le idee, si sa, non sempre hanno bisogno di fondamenta. Alcune germogliano a distanza di anni.

È il caso del Nuovo Campus MIND dell’Università Statale di Milano, che dopo anni di visioni e progettazioni ha iniziato a prendere forma proprio qui, nell’ex area Expo. Un’idea che ha atteso il suo tempo, sedimentando il terreno politico e culturale necessario, e che oggi si traduce in un’infrastruttura concreta, visibile, in avanzamento. Rappresenta una delle operazioni di maggiore ambizione della storia recente dell’edilizia universitaria italiana. Più che un semplice trasferimento fisico dei dipartimenti scientifici, si tratta di ridisegnare la morfologia del sapere pubblico nel cuore del MIND – Milano Innovation District. Un ecosistema della conoscenza progettato per accogliere oltre 23.000 persone tra studenti, docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo.

Gli edifici saranno orizzontali, modulari, permeabili alla città, incastonati in un tessuto di percorsi e piazze pubbliche che reinterpretano il Decumano dell’Esposizione Universale. Il linguaggio architettonico – affidato allo Studio Carlo Ratti – sarà sobrio, funzionale, ma altamente riconoscibile. Si realizzeranno 210.000 metri quadrati di superfici utili, articolati in aule, laboratori, biblioteche, residenze universitarie, spazi per la socialità e la cultura. Il progetto mira alla certificazione LEED Gold, uno degli standard più elevati a livello internazionale in materia di edilizia sostenibile. Gli edifici saranno dotati di impianti ad alta efficienza energetica e sistemi integrati per la produzione di energia da fonti rinnovabili, con coperture verdi, ventilazione passiva, riutilizzo delle acque meteoriche e materiali a basso impatto ambientale. L’obiettivo è un bilancio energetico neutro, in grado di abbattere consumi ed emissioni.

Il principio-guida è quello del common ground: uno spazio del sapere aperto, attraversabile, vivo. Una città della conoscenza. Ma l’aspetto più emblematico dell’iniziativa è il suo valore sistemico: il campus è un laboratorio d’innovazione integrata, in cui convergono architettura, governance, tecnologia e visione strategica. Il progetto è sviluppato interamente in modalità BIM 7D (Building Information Modeling), con estensioni che integrano tempi, costi e gestione dell’intero ciclo di vita. A ciò si aggiunge il ricorso al digital twin, un gemello digitale che replica virtualmente il funzionamento dell’intero complesso: monitoraggio real-time del cantiere, sincronizzazione operativa, manutenzione predittiva e gestione intelligente. Il campus sarà così un organismo digitale interconnesso, capace di apprendere dai dati e ottimizzare autonomamente i propri consumi e servizi.

La realizzazione del progetto è stata resa possibile da un partenariato pubblico-privato. È stata costituita la società di progetto Academo S.r.l., concessionario incaricato di realizzare il campus e gestirne la manutenzione e alcuni servizi per un periodo di 27 anni. La SPV riunisce attori industriali e finanziari di primo piano: Equiter Infrastructure II, Lendlease Infrastructure Italy, Renco S.p.A. e Coopservice S.p.A.. La consegna del campus è prevista per il 2027 e ospiterà undici dipartimenti con focus sulle discipline tecnico-scientifiche, tra cui biologia, chimica, fisica e scienze della Terra.

Il tutto sotto il coordinamento dell’Università degli Studi di Milano, promotrice e garante dell’intero processo. In un Paese spesso segnato dalla distanza tra visione e attuazione, il Nuovo Campus rappresenta un modello replicabile: un progetto concreto, misurabile, scalabile, capace di generare valore condiviso e rinnovare il patto tra città e università.


A cura di Chiara Bellando