I costi ambientali dell’innovazione. l’ai consuma acqua e risorse, ma c’e’ un processo di ottimizzazione in atto

E’ la protagonista indiscussa degli ultimi anni: l’intelligenza artificiale generativa si è imposta come una delle forze tecnologiche più dirompenti del nostro tempo, capace di ridefinire processi, accelerare innovazione e offrire strumenti decisivi, anche per affrontare la crisi climatica.
Eppure, dietro questa promessa si nasconde un paradosso: la stessa tecnologia che ambisce a sostenere la transizione ecologica - grazie alla capacità di ottimizzare le reti rinnovabili, anticipare scenari climatici attraverso digital twin avanzati e fornire modelli predittivi utili alla pianificazione ambientale - rischia di diventare un fattore rilevante di pressione ambientale.
I fatti parlano di una rapidissima diffusione dei sistemi generativi che ha portato in evidenza il “digital footprint”, il loro costo ecologico che era inizialmente rimasto in ombra.

Addestrare, alimentare e mantenere questi modelli richiede ingenti quantità di energia e risorse idriche, con conseguenti emissioni di gas serra e un impatto materiale non trascurabile.
Nel 2019 l’Università del Massachusetts dava dei dati precisi: l’addestramento di un singolo sistema generativo produce circa 280 tonnellate di CO₂, pari all’impronta complessiva di cinque automobili lungo il loro ciclo di vita.
Con l’avvento dei modelli generativi di ultima generazione la situazione si è aggravata ulteriormente: la fase di addestramento di GPT-3, per esempio, avrebbe generato circa 550 tonnellate di anidride carbonica. E ora stiamo aspettando GPT-5, con più performance ma anche a maggiore impatto ambientale.
La diffusione su scala globale dell’AI richiede un controllo rigoroso per evitare che la sua “green footprint” evolva in un problema ambientale di primaria urgenza.
Secondo la Danish Data Science Community, se tre miliardi di persone utilizzassero quotidianamente ChatGPT-4 con trenta richieste al giorno, l’impronta cumulativa raggiungerebbe nell’arco di vent’anni oltre un miliardo di tonnellate di CO₂, una “bomba climatica”. Il rischio concreto è che un’espansione incontrollata dell’AI potrebbe compromettere gli obiettivi globali di decarbonizzazione.
C’è anche poi un altro aspetto, spesso ignorato: l’impatto idrico. I modelli di intelligenza artificiale necessitano di grandi quantità d’acqua per il raffreddamento dei data center che li mantengono operativi. È stato stimato che una chat di dieci scambi circa con ChatGPT “costi” circa mezzo litro d’acqua, mentre la generazione di immagini può arrivare a consumare, per ogni singola immagine, l’energia equivalente alla ricarica completa di uno smartphone.
Su larga scala mille immagini possono produrre emissioni comprese tra 100 e 500 grammi di CO₂, pari a quella generata da un singolo passeggero che percorre un chilometro in aereo. Persino le operazioni più apparentemente innocue, se replicate milioni di volte, diventano rilevanti dal punto di vista ambientale. 

Queste evidenti criticità stanno spingendo il settore verso modelli più sostenibili: ottimizzazioni che includono architetture di AI meno energivore, data center alimentati da fonti rinnovabili e sistemi di raffreddamento più efficienti, mentre l’edge computing emerge come soluzione per ridurre i flussi di dati e il consumo energetico associato. Cresce poi la consapevolezza che l’intelligenza artificiale possa rappresentare uno strumento decisivo per accelerare la transizione ecologica, se integrata in strategie chiare e misurabili. L’AI è in grado di monitorare le emissioni con maggiore precisione, ottimizzare i processi industriali, favorire la progettazione di materiali più sostenibili e supportare nuove politiche di adattamento climatico. La sfida consiste nel governarne lo sviluppo in modo responsabile, garantendo trasparenza lungo la filiera tecnologica, valutazioni d’impatto verificabili e una collaborazione attiva tra istituzioni, imprese e comunità scientifica. Solo un approccio consapevole e orientato alla sostenibilità potrà trasformare l’intelligenza artificiale da potenziale minaccia ecologica a forza propulsiva per la tutela del Pianeta, preservando le risorse naturali e aprendo la strada a un futuro in cui innovazione e responsabilità ambientale non siano più in conflitto, ma parte di una stessa traiettoria di progresso.

A cura di Mariapia Ebreo