

Alle volte, quando non ci si capisce, la colpa è delle parole. O, per meglio dire, di come noi interpretiamo le parole. Prendiamo ad esempio il termine “sostenibilità”. Fin dai tempi del vocabolario della Crusca, l’idea di “sostenere” contiene due significati diversi: supportare e sopportare. Una bella differenza. Per chiarire, già nel 1987 il Rapporto Brundtland delle Nazioni Unite (Our Common Future) spiegava che lo sviluppo sostenibile è «lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri». Il significato centrale della sostenibilità è dunque l’allungamento dell’orizzonte, la possibilità di far durare le cose. Lo sviluppo “durable”, come dicono i francesi. Ma, visto che ancora non ci si capiva, è arrivata un’immagine che ricorre all’inglese. Sustain – dal verbo che mantiene il significato principale dell’etimo: sostenere, prolungare – è il pedale di risonanza del pianoforte, quello che serve a mantenere il suono anche dopo che il tasto è stato rilasciato. Il messaggio, a questo punto, dovrebbe essere evidente: sostenibilità significa supportare la coesione tra presente e futuro, far vivere nel tempo. Cioè mantenere gli straordinari vantaggi ottenuti grazie alla rivoluzione industriale riducendo al minimo gli svantaggi causati da tecnologie inquinanti che oggi siamo in larga misura in grado di sostituire.
Tutto chiaro? Non proprio. Perché – ovviamente – il nodo dello scontro non è linguistico. Lo sviluppo sostenibile è una nuova rivoluzione industriale che richiede un cambiamento profondo dal punto di vista produttivo, sociale, relazionale, comportamentale. E, come tutti i cambiamenti, comporta difficoltà, resistenze più o meno legittime, aggiustamenti di rotta.
Per questo è utile spiegare con i fatti – oltre che con le parole – che cos’è lo sviluppo sostenibile e che vantaggi può portare anche nell’immediato. Nelle pagine che seguono trovate articoli che mostrano come stanno cambiando il modo di pensare gli oggetti, per farli durare di più e inquinare di meno; il modo di produrre energia, per aumentare la quota elettrica da fonti rinnovabili; il modo di coltivare cibo, per dare piacere al palato, salute alla terra e giusto reddito a chi lo produce; il modo di muoversi, per ridurre lo stress e le emissioni serra.
Molto è ancora da mettere a punto, ma i trend globali dicono che la transizione ecologica accelera. E gli scienziati spiegano che la direzione è giusta. Va sostenuta.
A cura di Antonio Cianciullo