Ci serve l’Europa nei mondi digitali

Credo che l’obiettivo di noi tutte sia quello di segnare un punto di svolta sui nuovi impegni che l’Europa dovrà assumere nel campo della ricerca sulle tecnologie digitali, l’intelligenza artificiale e la loro applicazione.

Negli ultimi anni, sebbene siano stati investiti dall’Unione Europea enormi fondi nella ricerca e in progetti europei legati all’innovazione tecnologica, il risultato non è molto positivo: nessuna piattaforma di Ia europea è dominante; nessun social media europeo è di successo; la dipendenza europea da cloud, algoritmi, motori e chip statunitensi o asiatici è nota.

Trovo questo estremamente preoccupante, perché l’Europa si ritrova costretta a dipendere completamente da tecnologie sviluppate negli Stati Uniti e dai Paesi asiatici: molte piattaforme americane, dai social media all’Ia, sembrano guidate più dalla logica del profitto che da un reale impegno per il bene comune. Chi le ha sviluppate ha spesso dato priorità al guadagno individuale, senza interrogarsi fino in fondo su quale dovrebbe essere il vero ruolo della tecnologia per il futuro dell’umanità. E questa non è solo una questione economica, ma di sovranità culturale e antropologica: quando usiamo strumenti creati da chi non condivide la nostra visione dell’umano, stiamo anche interiorizzando un’ideologia che non ci appartiene.

A partire da questa constatazione credo che sia molto importante avanzare delle proposte concrete per contribuire alla costruzione di una sovranità digitale europea. Bisogna prendere coscienza del fatto che il vero tesoro dell’Europa è il suo patrimonio culturale: pittura, scultura, letteratura, musica, storia ma anche il suo sapere scientifico e tecnologico sono immensi.

In quest’ottica l’Unione Europea deve porsi come obiettivo quello di costruire un’Ia europea in cui la veridicità dei contenuti digitali sia garantita, le fake news non trovino spazio e il sapere sia certo, trasparente e accessibile a tutti.

Parallelamente, l’Europa dovrebbe orientarsi verso una nuova direzione strategica: oggi c’è un’enorme opportunità nel settore delle piattaforme tridimensionali e della realtà virtuale poiché le grandi piattaforme americane, come Second Life e le più recenti, non hanno raggiunto i risultati attesi e non sono ancora perfettamente compatibili con tutti i dispositivi (tablet, smartphone, ecc.).

Di conseguenza l’Ue, attraverso un investimento mirato nella ricerca e nello sviluppo, potrebbe costruire una piattaforma che funzioni davvero su tutti i sistemi, diventare leader mondiale in questo campo e guidare la prossima generazione di ambienti virtuali: realtà aumentata, realtà immersiva, metaverso.

È necessario educare il cittadino europeo all’uso etico e critico dell’Ia avviando un grande programma educativo, che accompagni gli studenti dalle scuole primarie all’università per formare cittadini capaci di utilizzare l’Ia in modo etico e consapevole. Non basta insegnare a usare l’intelligenza artificiale, a “interrogare” una macchina: bisogna insegnare a dialogare con essa.

L’intelligenza artificiale può impoverirci, se usata solo per ottenere risposte rapide. Ma può arricchirci immensamente, se diventa uno strumento di dialogo, riflessione, pensiero critico. Come diceva Socrate: «La verità nasce nel dialogo». L’Europa dovrebbe affrontare una sfida importante: investire nella ricerca per sviluppare algoritmi etici in grado di bloccare l’Ia quando supera il limite del rispetto umano.

Infine, un punto critico è rappresentato dall’approccio dell’Ue alla regolamentazione delle tecnologie. Continuare a produrre normative solo a livello europeo è, a mio avviso, un errore. Le tecnologie digitali operano su scala globale, e servono regole condivise a livello planetario. L’Europa dovrebbe farsi promotrice di un’organizzazione mondiale, una sorta di Onu della Rete, che lavori a una regolamentazione internazionale delle piattaforme digitali, poiché le regole europee da sole non bastano: sappiamo bene che oggi chiunque può aggirarle semplicemente utilizzando servizi basati altrove.

Credo che l’Europa possa e debba diventare protagonista nello sviluppo della tecnologia e nella sua regolamentazione. L’Europa ha già tutto: la cultura, la storia, l’intelligenza, la creatività. Manca solo il coraggio di diventare protagonisti: protagonisti non del profitto, ma del senso; non della tecnologia fine a sé stessa, ma della tecnologia al servizio dell’umanità. Se abbiamo firmato la Dichiarazione delle donne leader di Varsavia, questa deve essere una dichiarazione di visione e responsabilità per le donne, per l’umanità, per il futuro. E per il diritto di ogni persona a vivere in un mondo digitale giusto, trasparente e umano, dove è l’uomo a dominare la tecnologia anziché esserne dominato.

A cura di Maria Amata Garito